Come e cosa si mangia fornisce una buona immagine della persona, perché l’atto del cibarsi ha da sempre un ruolo di convivialità e di funzione sociale e dunque è un ulteriore modo di comunicare con gli altri. Sotto questo punto di vista, scegliere l’equilibrio e la varietà a tavola contribuisce a dare un’immagine di eleganza e intelligenza.
Il cibo, però, non è solo “un’immagine” della persona: l’uomo “è quello che mangia” nel senso stretto del termine, perché il corpo è fatto di mattoni contenuti negli alimenti. Per questo motivo la varietà e l’equilibrio, oltre che essere “eleganti” da un punto di vista sociale, sono anche e soprattutto VITALI.
Pensare che ci sia un determinato gruppo di alimenti che “fanno male” è un grave errore perché spinge a demonizzare una determinata classe di nutrienti e ad adottare un regime alimentare monotono e dannoso. E’ questo il classico caso delle “diete” a base di proteine, dove i carboidrati complessi (pane e pasta per intenderci) sono presenti in modo marginale ed in casi estremi eliminati.
Spesso si riscontra questa “dieta” in molte ragazze adolescenti che vogliono perdere peso. Certo: si perde peso. Ma il costo della salute è decisamente e gravemente elevato. La riduzione dei carboidrati provoca prima di tutto l’abbassamento dei livelli di due ormoni fondamentali: l’insulina e poi la leptina. L’organismo dunque, a seguito di questo squilibrio, attiva i meccanismi di allarme (proprio come durante una carestia) producendo il famoso “ormone dello stress”: il cortisolo. Lo zucchero (il glucosio) che è indispensabile per le attività del corpo, in primis quelle cerebrali, e che in modo naturale è assunto con i carboidrati, in questa situazione di carenza viene prima estratto dai depositi dell’organismo, ma poi viene prodotto a partire dagli acidi grassi e dagli aminoacidi, demolendo il tessuto muscolare e producendo “come scarto” i corpi chetonici che producono acidosi e favoriscono la demolizione del tessuto osseo. Contemporaneamente si abbassa il livello di metabolismo basale, ossia si induce il corpo a “consumare meno energia” proprio perché la situazione è del tutto equiparabile ad uno stato di allerta e di carestia.
Eliminare i carboidrati porta ad una iniziale perdita di peso, ma abbassando il metabolismo basale e inducendo il fenomeno dell’insulinoresistenza getta le basi per rapidi aumenti di peso successivi, molto più difficili da correggere, e per patologie serie come il diabete.
Oltre all’insulina, in questo stato di carenza nutrizionale, anche la leptina viene ridotta e questo comporta un inceppamento nella “comunicazione” tra ipotalamo-ipofisi-ovaio nelle donne, causando una drastica riduzione dell’ormone che è il motore dell’ovulazione e portando dunque all’amenorrea. Le conseguenze a lungo termine di questo fenomeno riguardano soprattutto la perdita di massa ossea; infatti in età adolescenziale si ha il picco di massa ossea e l’amenorrea provocata da un regime alimentare errato come quello iperproteico , soprattutto se di durata superiore a sei mesi, porta ad un impoverimento nella “costruzione minerale” delle ossa che nel tempo può arrivare ad una vera e propria osteoporosi.
Riassumendo, prediligere le proteine a scapito dei carboidrati provoca uno squilibrio che si manifesta all’inizio come dimagrimento, ma è un risultato effimero che ha un costo pesante per la salute e per il corpo; il conto da pagare comporta:
- Abbassamento del metabolismo basale e dei livelli di insulina = rapido acquisto dei chili persi e maggiore difficoltà nel riacquistare la forma fisica e aumento dei rischi di contrarre insulino-resistenza e rischio di Diabete;
- Sovraccarico dei reni e affaticamento dell’intestino;
- Squilibri nei meccanismi di ovulazione con conseguente amenorrea che, se protratta, arriva ad innescare i presupposti per una futura osteoporosi.
Dott.ssa Bisi Elena Maria